La Corte di Cassazione torna a deliberare a distanza di una settimana su un caso di licenziamento per mancata disponibilità del dipendente a adeguarsi alle esigenze organizzative dell’azienda.
Con ordinanza 30093 del 30 ottobre scorso.
La magistratura si è pronunciata su un licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato da un’azienda alla propria dipendente a seguito del rifiuto della stessa di accettare la modifica dell’orario di lavoro da full-time a part-time.
La Corte d’Appello, sulla stessa linea dei giudici di primo grado, aveva rigettato il ricorso avverso il licenziamento dedotto dalla lavoratrice sulla base del fatto che il giustificato motivo intimato alla ricorrente si riferisse ad “esigenze organizzative” e alla necessità di variare l’orario di lavoro.
Decisione della Corte di legittimità
A parere della Corte, la sentenza d’Appello impugnata risultava in contrasto con le norme di legge e collettive nella parte in cui sosteneva che la variazione dell’orario di lavoro fosse del tutto libera o flessibile.
Infatti, l’articolo 5 del D.lgs. n. 61/2000 prevede che il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in parziale “non costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento” e la disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale non può essere regolamentata da clausole flessibili o elastiche ma richiede sempre il consenso del lavoratore.
Secondo la Corte addurre l’esistenza di esigenze organizzative al licenziamento non giustifica, di per sé, l’interruzione del rapporto di lavoro. Il datore di lavoro è chiamato a dimostrare anche l’esistenza di un nesso causale tra le esigenze richiamate e il licenziamento, oltre al fatto che non sussistano «ulteriori soluzioni occupazionali” da prospettare al dipendente.