La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 29101/2023 riconosce il diritto al risarcimento del danno in presenza di condotte vessatorie riconducibili allo straining.
Il fatto
Il ricorrente avrebbe accusato il proprio datore di lavoro di aver perpetrato nei suoi confronti una serie di atteggiamenti ostili e irruenti volti a controllare il suo operato sul lavoro e, altresì, di aver adottato modalità stressogene tali da provocargli un improvviso attacco ischemico.
La Corte d’Appello aveva negato la fondatezza della domanda di risarcimento del danno per mobbing prospettato dal ricorrente ritenendo che nell’ipotesi in esame si trattasse di un episodio vessatorio isolato.
La decisione della Corte di Cassazione sullo straining
A seguito di ricorso in Cassazione proposto dal ricorrente, la Corte definisce lo straining come una forma attenuata di mobbing che legittima il risarcimento in tutti i casi in cui il datore di lavoro ingeneri nel dipendente uno stato stressogeno tale da procurargli un danno psicofisico o una degradazione delle condizioni di lavoro, pur non configurandosi, di fatto, quella reiterazione che è tipica del mobbing (discriminazione, demansionamento, atti persecutori).
Nel caso in esame, infatti, l’illiceità della condotta deriverebbe dalla violazione dell’articolo 2087 c.c. a tutela dell’integrità psicofisica e della personalità morale dei prestatori di lavoro.