Assegni familiari e cittadini extra UE. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la causa n. C-302/19, è intervenuta per dirimere una controversia sorta tra l’Inps e un cittadino extra UE in merito al rigetto di una domanda di assegno familiare per i periodi in cui la moglie e figli dell’interessato hanno risieduto nel loro paese di origine, lo Sri Lanka.
La Corte di Giustizia Europea afferma che il diritto dell’Unione Europea non limita gli Stati nell’organizzazione dei loro regimi di sicurezza sociale ma, l’articolo 12 e 3 della direttiva 2011/98 impongono agli Stati membri di far beneficiare, nell’ambito della sicurezza sociale, della parità di trattamento i cittadini di paesi terzi ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto europeo o nazionale.
La direttiva in questione prevede, infatti, la possibilità di limitare i diritti conferiti dall’art. 12, ai lavoratori di paesi terzi se questi non svolgono attività lavorativa per un periodo minimo di 6 mesi e sono registrati come disoccupati o se sono stati autorizzati a lavorare nel paese membro per un periodo non superiore a sei mesi, o gli è stato consentito di lavorare in forza di un visto o se soggiornano a scopo di studio.
La Corte, alla luce di quanto sopra, sottolinea che non risulta alcuna deroga ai diritti che dia la possibilità per gli Stati membri di escludere dalla parità di trattamento il lavoratore titolare di un permesso unico. Inoltre, afferma che, l’omesso versamento dell’assegno per il nucleo familiare o la riduzione dell’importo, a seconda che i familiari o alcuni di essi non risiedano nel territorio dello Stato, sono contrari alla parità di trattamento, in quanto la stessa prestazione viene accordata ai cittadini italiani indipendentemente dal luogo in cui i loro familiari risiedono.
Assegni familiari e cittadini extra UE