Evasione contributiva per mancata o infedele comunicazione all’INPS. Con ordinanza n. 3420 del 3 febbraio 2022, la Sezione lavoro della Cassazione ha rigettato le ragioni con cui una Sas si era opposta alla decisione di merito, confermativa di alcune pretese contributive ad essa avanzate dall’INPS, a seguito di verbale ispettivo.
Questione di fatto: la sentenza n. 1574 del 2015
Con sentenza n. 1574 del 2015, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha rigettato l’impugnazione proposta da D.F.C. Impianti s.a.s. avverso la sentenza di primo grado. Con tale sentenza era stato rigettato il ricorso proposto dalla stessa società, al fine di ottenere l’accertamento della insussistenza delle pretese contributive avanzate dall’INPS a seguito del verbale ispettivo del 15 dicembre 2005.
La corte territoriale ha rilevato varie irregolarità. La stessa ha ribadito che, fermo restando l’onere probatorio a carico dell’INPS, il valore probatorio dei verbali ispettivi e degli accertamenti condotti dagli ispettori sulla documentazione acquisita in quella sede era stato legittimamente ritenuto idoneo a provare i crediti, poichè era stato valutato liberamente e tenendo conto dei motivi della proposta opposizione a verbale. Tali motivi erano stati ampiamente disattesi dalla sentenza di primo grado che andava confermata.
Inammissibile, a seguire, è stata ritenuta la specifica doglianza con cui parte ricorrente aveva denunciato la violazione della Legge n. 388/2000 relativamente alla configurabilità della vicenda sanzionatoria nei termini della omissione e non della evasione. Nel rispondere a tale rilievo, la Cassazione ha avuto occasione di richiamare i principi già enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali ed assistenziali. Ha quindi ribadito che l’omessa o infedele denuncia mensile all’INPS concretizza l’ipotesi di evasione contributiva.
L’omessa o infedele denuncia configura occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi. Allo stesso tempo fa presumere l’esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti.
Di conseguenza, è a carico del datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede. Per tali motivi la corte rigetta il ricorso dell’azienda.
Evasione contributiva per mancata o infedele comunicazione all’INPS.