La crescita esponenziale dell’inflazione spinge la rivalutazione TFR al 10%. Sulla base di quanto già comunicato dall’ISTAT a gennaio 2023, la rivalutazione annua del TFR sfiora il 10%.
Guardando indietro nel tempo, si tratta di uno degli incrementi più consistenti negli ultimi 30 anni ed è considerata la netta conseguenza della forte spinta inflazionistica che si è verificata lo scorso anno.
Il trattamento di fine rapporto rappresenta una quota di retribuzione che il lavoratore matura annualmente, ma che può percepire alla cessazione del rapporto lavorativo.
La scelta della destinazione del TFR è soggettiva, pertanto possiamo distinguere:
- Il TFR gestito in azienda, secondo l’articolo 2120 del Codice Civile, il quale si rivaluta ogni anno in misura fissa dell’1,5%, incrementata dal 75% da un codice calcolato dall’ISTAT
- Il TFR devoluto a un fondo pensione, di categoria o aperto.
Tuttavia non sempre il calcolo e l’onere della rivalutazione è a carico del datore di lavoro.
Il trattamento di fine rapporto rimasto in azienda, ovvero versato al Fondo di Tesoreria INPS, in caso di datori di lavoro con più di 50 dipendenti, deve essere rivalutato secondo il regime di cui all’art.2120 c.c. Al contrario, la rivalutazione delle quote di TFR destinate alla previdenza complementare verrà indicata dai fondi specifici in base al loro rendimento finanziario.
La crescita esponenziale dell’inflazione spinge la rivalutazione TFR al 10%.