5 Maggio 2024

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Mobbing: quando diventa persecuzione

Nella società umana i conflitti tra gli individui sono la normalità e possono anche essere costruttivi, soprattutto in ambienti come quello del mondo del lavoro nel quale da uno scontro può derivare una crescita personale e lavorativa. Tuttavia ciò non accade sempre, in quanto ogni singolo individuo ha un proprio livello di sopportazione dello stress. All’interno di questo aspetto possiamo riscontrare una serie di problematiche: stress lavoro correlato, straining e mobbing.

In questa analisi ci soffermeremo solo sull’ultima.

L’etimologia del termine “Mobbing”

L’etimologia del termine Mobbing chiarisce sin da subito ciò di cui stiamo trattando. Infatti il verbo “to mob” in inglese, tra i tanti significati, indica un’aggressione, ancora più nello specifico il temine mobbing, coniato nell’ambito dell’etologia, indica quei comportamenti aggressivi che possono verificarsi in un branco verso un suo componente al fine di allontanarlo.

Trasportato nel mondo delle relazioni umane, il Mobbing può essere definito come quell’insieme di attività volte a danneggiare un altro individuo, nello stesso luogo di lavoro, con metodi violenti (fisici o morali) al fine di indurre “l’annientamento sociale e professionale” della vittima dal luogo di lavoro in cui presta servizio.

In Italia tale terminologia è stata introdotta solo negli anni ’80 dallo psicologo Herald Hege, con il fine di individuare comportamenti ostili nel mondo del lavoro.

Tale fenomeno può avere più di una forma: mobbing verticale (ascendente e discendente) e orizzontale.

Mobbing verticale sul luogo di lavoro

Il mobbing verticale si presenta quando le azioni vessatorie sono messe in atto da soggetti con posizioni differenti all’intero dell’azienda. All’interno di tale categoria possiamo riscontrare due tipologie di discriminazione , la prima cd. UP-BOTTOM o discendente con la quale l’autore, che ricopre una posizione gerarchicamente superiore alla vittima, cerca di escludere uno o più lavoratori sgraditi costringendo lo stesso al licenziamento.

Bossing: una tipologia di mobbing verticale

Tipologia particolare di mobbing verticale è il cd. bossing, ovvero quella strategia che utilizza il datore di lavoro per ridurre il numero di lavoratori all’interno dell’azienda sfruttando di fatto la tensione all’interno della realtà lavorativa. Utilizzato in tal modo tale attività diviene un’arma in mano al datore di lavoro per abbassare i costi del lavoro e/o per forzare un ricambio nell’azienda. Il debitore di tutela risponde anche dei comportamenti dei suoi subordinati nel caso in cui questi abbiano un ruolo di controllo e di potere o nel caso in cui questo sia a conoscenza dei fatti e non agisca per porne fine.

Mobbing dal basso o ascendente: di cosa si tratta

Altra tipologia di mobbing è quello ascendente (o mobbing dal basso) nel quale il “carnefice” non è il superiore gerarchico, il quale risulta in tal caso esser la vittima, bensì i dipendenti che decidono di ribellarsi al datore di lavoro o al proprio diretto superiore. In tali casi solitamente tale aggressione viene esercitata da un gruppo di dipendenti.

Un esempio lampante è quella dell’ammutinamento dei calciatori di una squadra nei confronti del proprio allenatore (superiore gerarchico). In questo caso, la condotta portata in essere da tali soggetti consiste nel non seguire le indicazioni del mister e di proporre delle prestazioni scadenti così da convincere la direzione di rimuovere l’allenatore dal suo incarico.

Mobbing orizzontale

Il mobbing orizzontale si delinea quando le azioni vessatorie sono messe in atto da colleghi di stesso grado, pertanto la vittima e il mobber non hanno una influenza diretta l’uno sull’altro. La tipica è quella socio-comunicativa in quanto volta all’isolamento della persona vessata.

Tutela legislativa sul fenomeno del Mobbing sul luogo di lavoro

Seppur, come abbiamo potuto osservare, tale comportamento è considerato veramente molto odioso, il legislatore ancora non ha legiferato in materia al fine di regolamentare la questione in dottrina. In giurisprudenza ormai sembra pacifico far rientrare all’interno dell’alveo dell’art. 2087 c.c. il fondamento della tutela contro il mobbing.

L’art 2087 c.c. prevede che il datore di lavoro deve “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, obbligando tale soggetto ad applicare una serie di misure volte a evitare qualsiasi comportamento lesivo seppur che possa sfociare in una qualsiasi forma di aggressione.

Tale responsabilità si potrebbe configurare come contrattuale, in quanto risulterebbe essere un’ estensione del rapporto di lavoro in quanto il vincolo di sicurezza si basa sulla relazione contrattuale lavorativa tra le parti.

Seppur l’art 2087 risulta essere una norma “in bianco” di apertura e di chiusura del sistema nella quale far rientrare ogni particolare tipologia di tutela del lavoratore, questo non può far configurare una responsabilità oggettiva che prescriva un obbligo assoluto di ogni cautela possibile per evitare qualsiasi danno con la conseguenza di ritenerlo responsabile qualsiasi cosa accada.

Per evitare ciò la dottrina ha affiancato al dettame dell’articolo codicistico anche il dettato degli artt. 1175 e 1375 c.c. ovvero buona fede e correttezza con il quale ciò che interessa in qualche modo è l’aspetto psicologico, il dolo, del comportamento portato in essere.

Il caso del lavoratore malato a casa

Si faccia l’esempio di un lavoratore ammalato a casa e di un datore di lavoro sospettoso che decida di inviare un controllo fiscale da parte dei medici dell’INPS al fine di verificare la veridicità di tale situazione. In tal caso nessuno potrebbe obiettare che è pieno diritto del debitore di sicurezza proporre tale verifiche in virtù della sua posizione contrattuale. Tuttavia se tali visite dovessero essere insistenti e continue, nonostante un certificato stato di malattia del dipendente, il fine di tali azioni non è più quella di un mero controllo, bensì quelli di perseguitare il lavoratore, andando di fatto contro il principio di buona fede. Tale ultimo comportamento è sicuramente rimproverabile e per tale motivo la vittima potrà richiedere al giudice di accertare la responsabilità extracontrattuale del mobber. Tale forma viene utilizzata per lo più in casi di mobbing orizzontale, o della responsabilità contrattuale in base alla domanda del lavoratore.

Infine il mobber potrebbe, per le sue azioni, essere anche sottoposto a un procedimento penale con il capo d’accusa di atti persecutori di cui all’art. 612-bis nel caso di mobbing verticale ascendente o orizzontale oppure risponderà del reato di cui all’art. 572 c.p. nel caso del mobbing verticale discendente la pena per tali reati potrà toccare anche i 7 anni.

Mobbing sul luogo di lavoro.

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