Introduzione
Luci puntate sullo Smart Working, diventato dopo l’inizio della pandemia di COVID-19 uno dei temi più dibattuti nel mercato del mondo del lavoro. L’emergenza sanitaria ha rappresentato per il lavoro da remoto un effettivo punto di svolta per la sua diffusione. Secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano lo s.w. si può definire “una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
Questa filosofia ha permesso di garantire la continuità dell’attività lavorativa e al tempo stesso la salvaguardia della salute pubblica, pur concretizzandosi con l’introduzione del lavoro da remoto. L’emergenza sanitaria ha comportato uno smartworking semplificato in deroga alla normativa vigente.
Con la fine dell’emergenza sanitaria, ed il relativo allentamento delle restrizioni, è stata ripristinata la disciplina del lavoro agile: in alcuni casi si è assistito a un ritorno al lavoro in presenza, in altri il lavoro agile è diventato una realtà strutturata. Interessanti e significative sono le diverse ricerche comparative sulla diffusione dello Smart Working nel mondo fatte per individuare i principali fattori che influenzano la diffusione del lavoro agile nei diversi paesi.
Analisi di un gruppo di ricercatori pubblicata sul New York Times
Tra le ricerche svolte, quella citata in un recente articolo della prestigiosa testata americana The New York Times firmato dal gruppo di ricercatori autori dello studio in cui hanno analizzato gli elementi principali in grado di influenzare l’indice di sviluppo del lavoro agile in vari paesi. In un primo momento i ricercatori si sono soffermati ad analizzare le statistiche relative al tasso di occupazione degli uffici a livello internazionale.
Secondo quanto emerge dallo studio, la Gran Bretagna, il Canada e gli Stati Uniti sono i Paesi con i livelli di lavoro a distanza più elevati, mentre nei Paesi asiatici si registrano livelli inferiori rispetto a quelli dei Paesi europei e nordamericani.
La scorsa primavera i lavoratori statunitensi e inglesi di tutti i settori hanno lavorato in modalità agile dai cinque ai sei giorni retribuiti al mese. I paesi europei, invece, hanno registrato livelli di lavoro a distanza leggermente inferiori, con i tedeschi che lavorano a distanza per 4 giorni al mese (sempre in tutti i settori). Nei paesi asiatici, si osservano livelli di lavoro agile a minore frequenza, con i sudcoreani che lavorano da remoto meno di 2 giorni al mese e Taiwan meno di 3. Due i giorni in sw in un mese in Giappone.
Fattori chiave della diffusione dello Smart Working
I ricercatori hanno quindi individuato una serie di fattori chiave, quali densità abitativa, la durata delle chiusure di Covid e le norme culturali, in grado di incidere su una maggiore o minore diffusione dello Smart Working.
Tra i diversi elementi chiave, un ruolo fondamentale nel ritorno in ufficio viene svolto dall’abitazione, e nello specifico dalla dimensione della stessa. Secondo i ricercatori, negli Stati Uniti dove le abitazioni sono di dimensioni maggiori e spesso con spazi ampi, il rientro in ufficio è stato più lento rispetto all’Asia, caratterizzata da appartamenti di dimensioni più piccole spesso condivisi con diversi membri della famiglia, dove i tassi di rientro sono stati più elevati. Le più spaziose abitazioni statunitensi rendono sicuramente il lavoro agile più attraente rispetto ai piccoli appartamenti asiatici, spesso condivisi con più generazioni.
Al di là delle differenze abitative, secondo i ricercatori, i livelli di lavoro ibrido sono influenzati dalla quantità di tempo che una paese ha trascorso in un periodo di chiusura a causa del Covid.
Alcune città americane entravano ed uscivano dai lockdown imposti, permettendo ai lavoratori e ai datori di lavoro di adattarsi e stabilizzarsi maggiormente al lavoro a distanza. Da una parte i lavoratori hanno creato postazioni consone e confortevoli per lavorare in modalità agile e dall’altra le aziende hanno sviluppato sistemi di gestione in grado di misurare le performance sulla base dei risultati raggiunti e non sul tempo trascorso in ufficio. In alcune zone dell’Asia, invece, l’assenza di chiusure prolungate non ha permesso l’adattamento al lavoro a distanza, rendendo più facile il ritorno alla vita d’ufficio. Ad esempio, in Corea del Sud, molti lavoratori non hanno mai prestato attività lavorativa fuori dall’ufficio.
Inoltre, i ricercatori dello studio sul lavoro a distanza ritengono che anche le norme culturali svolgono un ruolo chiave nei tassi di ritorno in ufficio. Nello specifico, il maggiore utilizzo del lavoro ibrido negli Stati Uniti dipende anche dalla libertà dei lavoratori di richiedere ai manager una maggiore flessibilità oppure, nei casi più estremi, di comunicare le dimissioni in assenza della flessibilità stessa.
Conclusioni
Fattori culturali e strutturali sono la base della differenza dei tassi di rientro in ufficio nei diversi paesi del mondo.
A distanza di più di 3 anni dall’emergenza epidemiologica il lavoro a distanza è diventato una regola nella maggior parte dei paesi, ma ad oggi si trova ad affrontare resistenze da parte di piccole aziende e multinazionali.
Coloro che ne riconoscono i benefici apprezzano principalmente la possibilità di abbandonare gli spostamenti, di ridurre i costi per il tragitto verso l’ufficio e soprattutto il miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata, oltre ad un importante impatto ambientale. Secondo i ricercatori a favore degli aspetti positivi dello Smart Working, questo potrebbe portare ad una maggiore soddisfazione sul lavoro e alla fidelizzazione dei dipendenti, particolarmente rilevante in una mercato del lavoro competitivo. Anche le aziende potrebbero trarne benefici riducendo gli spazi per gli uffici e di conseguenza risparmiando i costi generali relativi all’elettricità, Internet ecc.
Di contro, alcune posizioni sostengono che l’utilizzo di tale istituto potrebbe comportare diversi aspetti negativi, quali ad esempio la mancanza di interazione sociale sul luogo di lavoro, con conseguente sensazione di isolamento, e la difficoltà per i lavoratori di trovare un equilibrio tra tempo da dedicare al lavoro e tempo privato. Anche diverse aziende continuano ad essere restie all’inserimento di tale strumento all’interno del proprio contesto lavorativo, in quanto per alcuni permane l’idea che l’assenza dal posto di lavoro andrebbe a compromettere il controllo sui propri dipendenti con conseguenze negative sulla performance lavorativa.
Nonostante le differenti posizioni e i punti di forza/gli svantaggi relativi all’istituto è indubbio l’impatto che il lavoro agile sta avendo sul mercato del lavoro internazionale. Il dilagare della pandemia ha accelerato un processo che ha portato ad oggi ad una crescita notevole della percentuale dei lavoratori agili, nonostante la fatica a radicalizzarsi in diverse parti del mondo. Sarà interessante ora monitorare l’evoluzione e la regolamentazione dello Smart Working nelle diverse parti del mondo.