Con la sentenza n. 13015 del 25 maggio 2017, la Corte di Cassazione ha ribadito che il datore di lavoro può procedere ad un licenziamento economico anche per aumentare i profitti, procedendo alla riduzione del costo del lavoro o di altri fattori produttivi.
Ciononostante, la Corte di Cassazione ricorda che il perseguimento di maggiori profitti “non può essere perseguito soltanto con l’abbattimento del costo del lavoro, ossia con il puro e semplice licenziamento di un dipendente non giustificato da un effettivo mutamento dell’organizzazione tecnico-produttiva, ma solo dal fine di sostituirlo con un altro meno retribuito, ancorché addetto alle medesime mansioni”.
Infatti, in caso di riorganizzazione aziendale, “il datore di lavoro – al quale l’articolo 41 Cost., nei limiti di cui al comma 2, lascia la scelta della migliore combinazione dei fattori produttivi ai fini dell’incremento della produttività aziendale – non è tenuto a dimostrare l’esistenza di sfavorevoli situazioni di mercato, trattandosi di necessità’ non richiesta dalla citata L. n. 604 del 1966, articolo 3.
Fonte: Corte di Cassazione