27 Luglio 2024

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Act Your Wage: uno sguardo alla nuova tendenza social

Da un articolo di Emma Goldberg pubblicato sul New York Times emerge un modo del tutto nuovo e curioso di affrontare il mondo del lavoro rispetto al passato. L’ultima novità risiede nell’hashtag #ActYourWage, letteralmente “Fai ciò per cui vieni pagato”, un nuovo slogan che coinvolge la generazione Z e che spinge molte persone a rivedere la propria posizione lavorativa.

L’hashtag, solitamente, è affiancato da frasi dal carattere provocatorio del tipo “perché dovrei preoccuparmi di prolungare il mio orario di lavoro se non vengo pagato per quello?”, oppure “che senso ha svolgere quell’attività lavorativa extra? Mi occupo anche di altro nella vita”.

Con l’hashtag Act Your Wage la tendenza non è quella di limitarsi a fare il giusto indispensabile sul luogo di lavoro (come nel caso del Quiet Quitting) ma, più semplicemente, di agire in base alla propria busta paga, né più, né meno.

Una nuova percezione

“Se l’azienda per cui lavori ti paga un salario minimo, dovrà essere minimo anche lo sforzo con cui affronti le tue mansioni”; con questa frase Sarai Soto, un utente di Tik Tok ha raggiunto milioni di visualizzazioni divenendo virale.

I giovani sembrano essere i più colpiti da questo fenomeno e la ragione risiede in una nuova percezione del lavoro.
La pandemia ha portato le persone a riconsiderare alcuni aspetti essenziali del proprio vissuto e molti sembrano ormai aver abbracciato la filosofia per cui crearsi una carriera oggi è più difficile e, di conseguenza, il raggiungimento della sicurezza finanziaria richiede un impegno molto più faticoso rispetto alle generazioni passate.

Questa visione alquanto pessimistica, pecca tuttavia di considerare alcuni degli aspetti più rischiosi che la tendenza del “fare solo il minimo” può causare alle aziende e ai dipendenti.

Una minaccia alla produttività del lavoro

I sostenitori dell’Act Your Wage “si riservano il diritto a non voler ricevere a tutti i costi una promozione lavorativa. Non tutti vorrebbero, cioè, ottenere un aumento e non tutti aspirano ad “andare oltre” nel lavoro.

Questo atteggiamento servirebbe quindi da denuncia verso un sistema che richiede un grande sovraccarico di responsabilità e un compenso economico non adeguatamente proporzionato.

In un mondo in cui l’attenzione verso la salute mentale acquista un interesse sempre maggiore, c’è chi, di fronte ad attività lavorative extra, lamenta di stare vivendo in prima persona la sindrome da burnout, sente cioè di aver perso utilità verso il proprio lavoro e non esclude che a causarlo sia proprio l’eccessivo numero di e-mail, notifiche o riunioni cui si è costantemente esposti, capaci di alimentare sentimenti contrastanti.

Anche a seguito di recenti studi condotti sullo stress-lavoro correlato, emerge come i dipendenti con un salario più basso, corrono un rischio maggiore di “esaurimento” sul lavoro specialmente se  lavorare per più tempo e in condizioni peggiori rende più difficoltoso arrivare a fine mese, pur mantenendo un sano equilibrio psico-fisico.

Quali sono i risvolti dell’Act Your Wage sul futuro del lavoro?

La scelta di rifiutare lo svolgimento di attività lavorative ulteriori sul presupposto che non rientrino nel proprio trattamento economico è davvero una scelta consapevole?

Un dipendente disimpegnato e poco ambizioso potrebbe non rendersi conto di stare rifiutando incarichi importanti o di adottare comportamenti poco professionali nei confronti dei clienti e dei colleghi, di privarsi della possibilità di acquisire maggiori competenze e di rendersi appetibile sul mercato del lavoro.

Si tratta di atteggiamenti frutto di un modus operandi che rischia di radicarsi nella mentalità di chi ne subisce l’influenza e che potrebbe costituire non soltanto un rischio di rallentamento per le imprese, data la scarsa produttività, ma una minaccia all’opportunità di crescita personale e professionale del singolo.

In controtendenza, vi è chi tenta di esortare le persone a prendersi del tempo per riflettere su ciò che desiderano realmente per la propria carriera, anziché alimentare inutilmente il proprio stato di insoddisfazione verso un lavoro che, in fin dei conti, non apprezzano.

Dal Quiet Quitting all’Act Your Wage, quale sarà la prossima tendenza?

La società odierna, in cui tutti possono costantemente connettersi e in cui nessuno è mai davvero solo nell’affrontare anche i temi più sensibili, la diffusione degli hashtag o degli slang rappresenta, quindi, la quotidianità.
Capace di smuovere le istituzioni, il sentimento individuale finisce quasi sempre per trasformarsi in una visione comune che richiede il ricorso a nuove strategie di organizzazione del lavoro.

Dal Quiet Quitting all’Act Your Wage, quale sarà la prossima tendenza?

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