Tra i problemi più importanti dell’attuale mercato del lavoro nel Belpaese ci sono l’invecchiamento della popolazione e la denatalità.
È quanto emerge dal rapporto annuale dell’Inps, presentato stamani.
Stando ai calcoli dell’Istituto, “il 2023 ha fatto registrare l’ennesimo minimo storico in termini di nascite. Nonostante una riduzione dell’8% dei decessi rispetto al 2022, il saldo naturale della popolazione resta fortemente negativo”.
In più, negli ultimi anni si è “ridotto l’effetto positivo che la popolazione straniera ha esercitato sulle nascite a partire dai primi anni 2000”.
L’aumento degli occupati negli ultimi venti anni “ha seguito l’invecchiamento della popolazione e la quota di occupati di età pari o superiore a 50 anni è passata dal 21,5% all’inizio del 2004 al 30% nel 2013, attestandosi ora al 40%”.
La composizione per età della popolazione residente è motivo di preoccupazione per il futuro. Con 13,9 milioni di persone di età compresa tra i 50 e i 64 anni e 7,2 milioni di persone di età compresa tra 0 e i 14 anni, salvo variazioni nei trend migratori, per ogni due persone che escono dalla fascia di età lavorativa, ne entrerà una”, ha osservato l’istituto.
Spesa previdenziale in Italia nel 2021 al 16,3% del Pil
L’età media di accesso alla pensione in Italia, grazie alla possibilità di uscire in anticipo rispetto all’età di vecchiaia, è di 64,2 anni e questo, insieme alla generosità dei trattamenti rispetto all’ultima retribuzione, rischia di creare squilibri per il sistema previdenziale.
Emerge dal Rapporto annuale dell’Inps.
“Le previsioni Eurostat per l’Ue relative agli andamenti demografici – si legge – fanno presagire un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi crescenti di squilibri per i sistemi previdenziali, soprattutto per quei paesi, come l’Italia, dove la spesa previdenziale è relativamente elevata”.
Disoccupazione e reddito di cittadinanza
Le prestazioni istituzionali dell’Inps nel 2023 sono pari a 398.063 milioni, con un aumento di 17.345 milioni rispetto al 2022 (380.718 milioni).
Le pensioni riportano un totale di 304.145 milioni e un aumento di 20.890 (+7,4%) rispetto ai 283.254. Compongono la voce le pensioni private, pari a 215.608 milioni (+ 14.843 milioni, pari al 7,4%) e le pensioni pubbliche, pari a 88.536 milioni (+6.047 milioni, 7,3%).
Le spese per il sostegno del reddito, che nel 2022 erano pari a 26.033 milioni, riportano una diminuzione del 29,3% e totalizzano 18.408 milioni (-7.625 milioni).
La voce più consistente è rappresentata dai trattamenti di disoccupazione, pari a 13.099 milioni, con aumento di 1.563 milioni (+13,5%) sull’anno 2022. Seguono i trattamenti di malattia pari a 2.713 milioni (-888 milioni). I Bonus 200 euro (art. 32 D.L. n. 50 del 2022) e Bonus 150 euro (D.L. n. 144 del 2022), che complessivamente ammontano a 554 milioni, diminuiscono di 7.837 milioni.
L’inclusione sociale riporta una spesa di 34.104 milioni (+0,9% rispetto al 2022), tra cui sono in evidenza le prestazioni per l’invalidità civile (pari a 21.619, +5,3% rispetto allo scorso esercizio) e il Reddito e Pensione di Cittadinanza (pari a 6.688, -16,8% sul 2022) e gli assegni e pensioni sociali (+ 559 milioni, +10,7%) Le spese per la famiglia, con 23.847 milioni, registrano una crescita del 12,3% rispetto al dato 2022 pari a 21.242 milioni.
L’aumento dell’Assegno Unico e Universale (+5.393 milioni di euro) e la diminuzione degli assegni per i nuclei familiari (-2.868 milioni di euro) sono le ragioni principali di questa tendenza.
695mila famiglie con Adi, per lo più al Sud
Nel periodo gennaio-giugno 2024 sono stati circa 695 mila i nuclei, pari a 1,67 milioni di persone coinvolte, che hanno ricevuto il pagamento di almeno una mensilità del beneficio.
L’importo medio mensile erogato è stato pari a 618 euro secondo quanto si legge nel rapporto.
I nuclei beneficiari si concentrano nelle regioni del Sud e nelle Isole, raggiungendo il 69% del totale; seguono le regioni del Nord con il 18% e infine quelle del Centro con il 13%.
Il numero medio di componenti familiari per nucleo risulta pari a 2,4 persone, con un picco nel meridione, dove il valore è pari a 2,6; per contro, il numero medio di persone nel nucleo risulta di gran lunga inferiore nelle regioni settentrionali dove è pari a 1,9.
Le altre prestazioni incidono sul bilancio dell’Istituto per 17.559 milioni (in aumento del 7,1% rispetto ai 16.394 milioni dell’anno precedente). Le voci di maggior rilievo sono costituite dal TFS/TFR dipendenti pubblici (9.707 milioni, +10,6% rispetto al 2022) e dal TFR dipendenti privati (6.878 milioni, +5,5% rispetto al 2022).
Le pensioni
Nonostante l’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia in Italia “sia pari a 67 anni, il livello più alto nell’Unione europea, l’età effettiva di pensionamento è ancora relativamente bassa, pari a 64,2, a causa dell’esistenza di numerosi canali di uscita anticipata dal mercato del lavoro”.
Questo aspetto, considerando la spesa ingente del sistema pensionistico e la struttura demografica e la speranza di vita della popolazione, rischia di essere un “fattore di rischio per l’equilibrio del sistema”.
Come si osserva nel documento, la spesa italiana per trattamenti previdenziali “è storicamente superiore alla media sia europea che dei Paesi Ocse. Nel 2021, l’ultimo anno per cui vi sono dati confrontabili, essa si è attestata al 16,3% del Pil, inferiore solo a quella della Grecia, a fronte di una media europea del 12,9%”.
Si stima che la spesa pensionistica italiana in rapporto al PIL crescerà ulteriormente nel prossimo decennio per poi scendere e avvicinarsi alla media europea intorno al 2065.
Gli importi delle pensioni tra Nord e Sud Italia
Rispetto al 2022, l’importo lordo mensile medio delle pensioni è aumentato del 7,1%, in parte a causa della perequazione. Gli importi medi più elevati si registrano al Nord e nel Lazio, mentre i più bassi in Calabria e nel resto del Mezzogiorno.
È quanto emerge dal Rapporto annuale Inps.
Il 96% dei pensionati italiani riceve almeno una prestazione dall’INPS, con oltre la metà della spesa destinata a pensioni di anzianità o anticipate.
Le prestazioni assistenziali rappresentano l’8% del totale. Nel 2023, le nuove prestazioni previdenziali sono diminuite del 4,7%, principalmente a causa della riduzione delle pensioni anticipate (-15,5%) legata all’inasprimento dei requisiti di Quota 100.
Al contrario, le prestazioni assistenziali sono aumentate del 5,7%. Le regioni del Nord (esclusa la Liguria) e la Toscana hanno beneficiato della maggior parte delle nuove pensioni previdenziali. Le prestazioni assistenziali, come le invalidità civili, sono predominanti in Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.
Parità di genere e pensione
Per quanto riguarda il genere, gli uomini ricevono più prestazioni previdenziali rispetto alle donne, che beneficiano maggiormente di pensioni e assegni sociali e trattamenti di invalidità civile.
I divari negli importi medi delle pensioni sono più pronunciati nelle regioni con importi medi più elevati, come Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, dove le donne percepiscono il 30% in meno rispetto agli uomini.
I divari più contenuti si riscontrano invece in Calabria, Sardegna e Campania.