I nuovi rapporti basati sulla rete tendono a evitare le classificazioni, determinando una sorta di “polverizzazione” degli spazi della regolazione; al tempo stesso innescano la moltiplicazione dei soggetti potenzialmente coinvolti, ciascuno portatore di istanze, interessi e diritti.
I soggetti “passivi” più impattati da questa rivoluzione sembrano senza dubbio coloro che svolgono attivamente le attività di consegna e di guida. In tutto il mondo, vengono indicati come lavoratori autonomi.
Cambiamenti strutturali, digitalizzazione dell’economia e evoluzione tecnologica: un “terreno disseminato di incertezze dove le tradizionali coordinate spazio-temporali perdono consistenza e con esse i punti di riferimento dei sistemi giuridici e degli stessi interpreti.”
In questo approfondimento, ci soffermiamo sulla possibile classificazione del rapporto di lavoro dei ciclofattorini operanti nel settore delle consegne a domicilio, analizzando il caso Uber-riders in Italia con la sentenza iscritta al R.G. n. 6979/2023 del 28 settembre 2023.
Nasce in California come start-up: si chiama Uber e dal 2009 in poco più di 10 anni diventa uno dei colossi mondiali del trasporto privato e della consegna a domicilio di piatti pronti e altri prodotti.
La società lancia un’applicazione nuova per cellulari con cui mette in contatto autisti e passeggeri e, nel caso delle consegne, il cliente con il ristorante e il fattorino: uno schema produttivo innovativo a cui corrisponde il cambiamento dei modelli di integrazione contrattuale di favore alle forme di utilizzazione indiretta del lavoro.
Questione di fatto
Uber Eats Italy S.r.l. in Italia dal 2016, dopo 7 anni di attività interrompe la produzione e conclude i rapporti con i riders alla data del 15 luglio 2023, senza un confronto preventivo con i sindacati.
Questione di diritto
- Soggetti legittimati a ricorrere in giudizio
A proporre ricorso per far riconoscere il comportamento antisindacale di Uber, varie sigle sindacali afferenti alla CGIL e non i singoli fattorini “cessati”.
L’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori permette alle Associazioni sindacali nazionali che ne abbiano interesse ad agire legittimamente in giudizio per la repressione della condotta antisindacale.
Perché siano legittimate, basta siano diffuse nella gran parte del territorio italiano e rientrino tra quelle più rappresentative; di fatto, non viene considerata l’effettiva presenza all’interno dell’azienda, per la tutela della libertà dei lavoratori.
- La subordinazione
La questione circa la natura giuridica dei rapporti intrattenuti tra i rider e le piattaforme digitali è ampiamente trattata dalla giurisprudenza europea: da una parte è valorizzato l’aspetto della libertà di scelta se lavorare o meno, in assenza di un’organizzazione datoriale, dall’altra la linea del filone giurisprudenziale delle Corti degli Stati europei.
Secondo una recente sentenza della Corte di Giustizia UE, FNV KUNSTEN Informatie (C-413/13), un prestatore di lavoro può perdere la sua caratteristica di operatore autonomo indipendente nel caso in cui dipenda interamente dal suo committente, per il solo fatto che non sopporta nessun rischio proprio della propria attività economica, come ausiliario integrato all’interno dell’impresa.
La Corte ha sottolineato che la qualifica di lavoratore autonomo non esclude, ai sensi del diritto europeo, la qualificazione di lavoratore, se la sua indipendenza è fittizia e nasconde un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato.
Lo status di “lavoratore” non può essere pregiudicato dal fatto che una persona è stata assunta come prestatore autonomo di servizi ai sensi del diritto nazionale per ragioni fiscali, amministrative o burocratiche, purché tale persona agisca sotto la direzione del suo datore di lavoro, in particolare per libertà di scegliere l’orario, il luogo e il contenuto del lavoro.
In conclusione, i rapporti di lavoro subordinati sono quelli in cui risulta una forte dipendenza organizzativa.
Gli autisti di Uber servizio taxi in Inghilterra, per esempio, anche se assunti come self-employer, sono stati riconosciuti come worker, subordinati: il giudice londinese ha definito la piattaforma non come un semplice algoritmo, bensì come un’azienda privata.
Allo stesso modo, in alcuni Paesi europei la magistratura ha ritenuto che gli autisti non si configurano come partner commerciali, in quanto chi aderisce al contratto non ha la possibilità di crearsi una sua clientela e allo stesso modo non ha la possibilità di applicare tariffe libere, è legato da indicazioni esterne vincolanti. Le sanzioni disciplinari in caso di rifiuto, possono arrivare fino alla chiusura dell’account e quindi, in sostanza, con l’interruzione del rapporto di lavoro.
Come in Europa, anche in Italia la questione non è stata sempre lineare.
Le prime sentenze (Cfr. Trib. Torino, 7 maggio 2018, n. 778) hanno confermato per tali soggetti il rapporto autonomo, fondato sul fatto che potessero decidere se e quando lavorare.
Successivamente, la Corte d’Appello di Torino, con la sentenza n. 26/2019, ha ribaltato il paradigma valorizzando la capacità decisionale di determinazione della prestazione lavorativa e ricomprendendo il rapporto nella collaborazione etero-organizzata ex art. 409 n. 3 del c.p.c..
L’aspetto dell’etero-direzione è talmente prorompente che quando comporta che il collaboratore sia comparabile a un lavoratore subordinato, si applica questa disciplina, sostiene la Corte torinese.
La teoria viene successivamente smentita, dalla Corte di Cassazione. Nel 2020 con la sentenza n.1663 del 20 gennaio, la Corte afferma che l’art. 2 del D.lgs. 81/2015 permette solamente ai contratti collettivi di indicare rapporti differenti da quello di lavoro subordinato.
Secondo questa teoria, la definizione di lavoro subordinato comporta il dover dipendere da altri per poter lavorare: un ambito che comprende modelli diversi di rapporti di lavoro e di prestazioni, caratterizzate da rilevanti differenze di trattamento.
Il rapporto tra Uber e i suoi ciclo-fattorini è gestito dal software di Uber: il software organizza il lavoro dei fattorini sulla base di parametri non resi noti dall’azienda, come la tariffa o il percorso da intraprendere verso il ristorante e verso il cliente, oppure l’elemento del rating medio e della proposizione delle consegne.
Dal meccanismo del sistema deriva il fatto che il tempo di lavoro non dipende dal lavoratore, ma dalla piattaforma stessa (15 secondi), senza alcuna possibilità di sindacare la scelta di un soggetto rispetto all’altro.
Inoltre il sistema installato obbligatoriamente sullo smartphone, mantiene sempre geolocalizzato il soggetto, così da monitorare ogni parte della sua prestazione con l’obbligo di seguire alla lettera le indicazioni dell’azienda.
I sistemi di Uber disponevano anche della qualità del servizio tramite la cosiddetta media di valutazione: imposta esternamente al rider, doveva essere mantenuta per svolgere la propria attività, pena lo scollegamento dall’app e la risoluzione del rapporto.
L’azienda indica i requisiti per ottenere una efficienza adeguata: “la velocità e l’efficienza”, “il servizio”, “il passaggio dell’ordine”, “l’attenzione alla consegna” e “la comunicazione”.
Da queste espressioni facilmente si può riscontrare il rapporto subordinato di tali rapporti.
Secondo il giudice, “se nel momento genetico del rapporto di collaborazione i riders avevano la possibilità di decidere liberamente di obbligarsi allo svolgimento delle prestazioni, tuttavia gli stessi non potevano organizzare tempi e modi della propria prestazione in maniera autonoma, ma erano soggetti alle direttive provenienti dall’applicazione, ossia da Uber Italy S.r.l., che condizionavano la prestazione sino ad annichilire del tutto l’autonomia del lavoratore.”
La modalità di assegnazione degli incarichi obbligavano i riders a essere a disposizione del datore di lavoro nel periodo di tempo antecedente alla richiesta, designando un’organizzazione del tutto esterna, oltre alla messa a disposizione delle energie personali dei lavoratori. Il potere disciplinare costituisce, di fatto, il rapporto subordinato ex 2094 c.c.
In conclusione il tribunale ha condannato la società considerando i riders di fatto lavoratori subordinati di Uber Eats Italy.
L’azienda avrebbe dovuto rapportarsi con i sindacati per la chiusura dell’attività e la conclusione dei rapporti con loro.