La contestazione disciplinare consente al datore di lavoro di affrontare comportamenti inappropriati e violazioni delle regole da parte dei dipendenti.
Considerata tra gli elementi strutturali del rapporto di lavoro, la contestazione può tradursi in un semplice richiamo, un ammonimento o una sanzione, secondo fatti e comportamenti.
Come approccio al tema ci è sembrato utile richiamare il contesto in cui si inserisce e l’istituto del procedimento disciplinare.
Rientra tra le facoltà del datore di lavoro quella di irrogare sanzioni ai dipendenti nei casi di inosservanza dei propri obblighi contrattuali.
Sostanzialmente è un potere conferito al datore in virtù dell’articolo 2106 del Codice civile, la cui applicazione è prevista dallo “Statuto dei lavoratori” e dalla legge in materia di licenziamenti: le norme consentono di organizzare al meglio l’attività lavorativa.
La contestazione rappresenta il primo atto formale del procedimento disciplinare con cui il datore formalizza la commissione di un’infrazione.
L’infrazione può derivare da una serie di comportamenti “nocivi” come assenze ingiustificate e ritardi frequenti. Piu gravi l’insubordinazione o i comportamenti lesivi dell’immagine aziendale.
Validità della contestazione disciplinare
Ai fini della validità dell’intero procedimento disciplinare, è richiesta la forma scritta del richiamo: la comunicazione. Un atto di natura recettizia di cui il datore dovrà garantire l’effettiva ricezione del provvedimento al lavoratore interessato.
Al riguardo la legge non indica le modalità con cui debba effettuarsi tale passaggio: per ragioni strettamente legali è preferibile che la consegna avvenga personalmente per poter ottenere una prova dell’effettiva conoscenza da parte del lavoratore.
Vanno poi rispettati, pena la validità della contestazione, alcuni criteri essenziali.
– Specificità: l’atto di contestazione deve essere chiaro e preciso, al suo interno devono essere presenti le indicazioni necessarie all’individuazione del fatto motivo di apertura del procedimento. Il dipendente deve essere messo nelle condizioni di poter comprendere la questione imputata;
– Immediatezza: il principio si configura nella necessità per il datore di dover procedere tempestivamente al verificarsi dell’evento causale. Tale comportamento garantisce il rispetto dei criteri di correttezza e di buona fede, in modo da consentire al lavoratore di esercitare correttamente il diritto alla difesa.
– Immutabilità: probabilmente il più importante dei requisiti secondo cui la contestazione non potrà mai essere soggetta a modifiche nel tempo in termini di contenuto. Dovranno considerarsi illeciti tutti i comportamenti volti a modificare quanto stabilito e illegittima la sanzione irrogata.
Il lavoratore interessato dal procedimento disciplinare ha diritto ad agire in sua difesa nei cinque giorni successivi il recepimento della contestazione.
Lo stabilisce l’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori che limita l’ampio potere riconosciuto al datore.
La norma garantisce la possibilità per il dipendente di chiarire la sua posizione attraverso un colloquio presieduto dai rappresentanti sindacali o, in alternativa, producendo un documento scritto in contrasto rispetto alla contestazione.
Il procedimento disciplinare termina con l’eventuale irrogazione della sanzione tramite atto scritto da parte del datore di lavoro.