16 Aprile 2024

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Proroghe e Rinnovi dopo la circolare del Ministero

Premessa

Il decreto-legge n. 87/ 2018, convertito in legge con modifiche dalla legge n. 96/ 2018, interviene sulle proroghe e rinnovi apportando rilevanti modifiche alla disciplina legislativa: sia riducendo il numero di proroghe che reintroducendo le causali giustificative per i contratti di lavoro a tempo determinato. Il Ministero del lavoro, lo scorso 31 Ottobre, ha pubblicato l’attesa circolare interpretativa  sui contenuti del decreto dignità contenente.

Cosa sono proroghe e rinnovi?

Il legislatore del lavoro e il Ministero nei suoi atti d’indirizzo amministrativo non hanno mai chiarito espressamente cosa debba intendersi per rinnovo o proroga di un contratto a tempo determinato, hanno previsto soltanto un limite massimo di durata del rapporto a tempo determinato in caso di rinnovo e il numero massimo di proroghe.

La dottrina si è a lungo interrogata sulla differenza tra i due istituti individuando nella proroga un mero spostamento in avanti del termine finale del contratto senza mutazione di alcun elemento essenziale del contratto a tempo determinato, mentre nel rinnovo si è individuato una fattispecie novativa del rapporto, ovvero un nuovo contratto a tempo determinato in cui sia mutato uno degli elementi essenziali del contratto di lavoro, ad esempio la mansione del lavoratore.

Cosa ha chiarito la circolare n. 17/ 2018 su proroghe e rinnovi?

La circolare n. 17/ 2018 del Ministero del lavoro ha sostanzialmente confermato l’impostazione raggiunta dalla dottrina recente in merito alle nozioni di proroghe e rinnovi, specificando però che “non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto”. Il Ministero ha quindi specificato che la modifica di un elemento essenziale del contratto, come la motivazione del rapporto di lavoro, anche se intervenuta senza soluzione di continuità con il precedente rapporto a termine, non può essere considerata una proroga, ma bensì un rinnovo.

Quali adempimenti differiscono tra i due istituti? 

La differenza tra i due istituti, sebbene possa apparire flebile ad un primo sguardo, comporta rilevanti modifiche nella gestione del rapporto di lavoro. In caso di rinnovo di un contratto a termine, invece che di una proroga, dovrà essere applicata una maggiorazione dello 0,5% sugli oneri contributivi (da aggiungersi all’ 1,4% previsto dalla legge n. 92/ 2012 per tutti i contratti a tempo determinato) per ogni contratto a tempo determinato rinnovato tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore di lavoro.

Le differenze gestionali non finiscono qui, poiché l’articolo 19 del d. lgs. n. 81/ 2015, così come modificato dal decreto dignità, prevede sin dal primo rinnovo di contratto a tempo determinato l’obbligo d’inserimento delle causali giustificative, mentre in caso di proroga l’indicazione delle causali giustificative sarà necessaria solo a partire dal 12esimo mese del contratto a tempo determinato.

Il rinnovo, inoltre, comporta un intervallo obbligatorio di attesa tra un contratto a tempo determinato e l’altro (c.d.“stop & go”) di 10 o 20 giorni, a seconda del fatto che la durata del rapporto rinnovato sia superiore, o meno, a sei mesi.

 

A cura di La Rocca e Associati

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