29 Marzo 2024

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Il principio di ragionevolezza dei tempi dell’ispezione – considerazioni sull’art. 14 della L. 689/81

La norma dell’art. 14, oltre a fissare il termine massimo tra la conclusione degli accertamenti e la notifica del verbale unico, esprime, secondo una elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte, il principio di ragionevolezza della durata dell’accertamento ispettivo, affinché non venga leso il diritto di difesa del destinatario dei provvedimenti sanzionatori ma anche, per certi aspetti, del lavoratore occupato presso il datore di lavoro ispezionato.

In particolare, il problema che ci si pone in ambito giuslavoristico è relativo al dies a quo dal quale iniziare il computo del termine dei novanta giorni.
Così come affermato dal Ministero del Lavoro, tale termine decorre dal momento in cui si sono conclusi gli accertamenti nel loro complesso comprendendo anche i tempi tecnici ragionevolmente utili e necessari per l’analisi, l’elaborazione e la verifica degli elementi formati e raccolti.

Alla luce della novella del D.Lgs. n. 124/2004, che ha concentrato nel verbale unico di accertamento e notificazione tutte le violazioni contestabili al datore di lavoro, possiamo affermare d’accordo con prassi, dottrina e giurisprudenza, che il verbale unico vada notificato entro 90 giorni dal momento in cui sono stati conclusi gli accertamenti.

Ma il vero problema è legato al tempo intercorso tra la data del primo accesso ispettivo e la data conclusiva dell’accertamento così come riportata nel verbale unico.

In altri termini, ciò che merita di essere valutata è la data di conclusione dell’accertamento rispetto alla data di primo accesso ispettivo, in relazione alla complessità dell’ispezione, alla luce del principio di ragionevolezza.

In tal senso la giurisprudenza ha chiarito che il termine di cui all’articolo 14 va commisurato non solo al tempo in cui la violazione, in relazione agli atti compiuti ed agli elementi raccolti, può essere notificata, ma anche e soprattutto al tempo in cui deve essere notificata in virtù di un principio di ragionevolezza (Cass., 8 aprile 2010, n. 8335; Cass., 30 ottobre 2009, n. 23016; Cass., 29 febbraio 2008, n. 5467; Cass., SS.UU., 9 marzo 2007, n. 5395, Cass. 11 dicembre 1998, n. 12490).

In assenza del principio di ragionevolezza circa i tempi dell’ispezione, l’accertatore sarebbe completamente libero di autodeterminare i tempi del procedimento dilatandoli secondo le proprie esigenze, dovendo solo osservare l’onere di notificare entro 90 giorni dalla conclusione di un accertamento autonomamente ed arbitrariamente delimitato cronologicamente.

Si consentirebbe cioè all’accertatore di operare un procedimento ispettivo sine die, salvo poi indicare nel verbale che l’accertamento risulta concluso (guarda caso) pochi giorni prima della definizione del verbale, rispettando così il termine di novanta giorni, vanificando però il senso della norma ed esponendo il contribuente ad uno stato di incertezza ingiustificabile, con palese violazione del principio della ragionevolezza e del diritto di difesa.

Secondo l’insegnamento della Suprema Corte, richiamato dalla Circolare del Ministero del Lavoro n. 6/2014 la durata di un accertamento ispettivo è da ricollegare alle dimensioni aziendali e quindi alla mole di lavoro degli ispettori.

Invero, “in tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell’infrazione, il termine dei novanta giorni, entro i quali puo` utilmente avvenire la contestazione mediante notifica, puo` iniziare a decorrere anche in tempo successivo al primo verbale di accertamento, qualora i fatti da accertare, non semplici ed evidenti, richiedano ulteriori indagini.” (Cass. Civ., sez. lav., 13.01.2006, n. 539).

In altre parole, “la regola che impone di contestare l’infrazione, quando non è possibile farlo immediatamente, entro un preciso termine di decadenza decorrente dall’accertamento, […] non vale, infatti, a superare il rilievo che la pura constatazione dei fatti nella loro materialità non coincide necessariamente con l’accertamento degli estremi della violazione” (Cass. 3043/2009), se occorre una ulteriore istruttoria e/o valutazione, mentre il momento dal quale decorrere il termine per la contestazione coincide con “il momento in cui ragionevolmente la constatazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento” (Cass. 5395/2007).

Il Ministero del Lavoro, a pagina 8 della Circolare n. 41/2010 evidenzia che “dall’esame delle disposizioni di cui si compone l’art. 33 del Collegato Lavoro (Legge n. 183/2010) si evince l’imprescindibile esigenza del Legislatore di circoscrivere gli accertamenti ispettivi entro un arco temporale certo e predeterminato”.

Anche l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale con la circolare n. 166/2003 ha posto l’accento sulla esigenza di contenere al massimo i tempi di definizione delle ispezioni.
Più recentemente, con la circolare n. 75/2011 l’INPS, al punto n. 4, ha chiarito come il momento conclusivo dell’accertamento sia da individuare nel momento in cui gli ispettori acquisiscono tutti i dati e i riferimenti di carattere oggettivo e soggettivo necessari per la definizione dell’accertamento nella sua globalità, comprendendo anche i tempi tecnici ragionevolmente utili e necessari per l’analisi, l’elaborazione e la verifica degli elementi formati e raccolti.

Anche il Parlamento Europeo ha fatto proprio il principio di ragionevolezza dei tempi delle ispezioni laddove con risoluzione del 14 gennaio 2014 (“Ispezioni sul lavoro efficaci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa”) al punto n. 13 evidenzia, tra i principi alla base dell’efficacia delle ispezioni sul lavoro, che i risultati di una ispezione devono essere elaborati entro un termine ben definito, onde impedire tempestivamente gli abusi e garantire prontamente la tutela dell’interessati, cioè del lavoratore e del datore di lavoro, ognuno relativamente alle proprie posizioni.

Il principio in commento risulta a chiare lettere anche nel codice di comportamento per gli ispettori del lavoro adottato con Decreto Ministeriale (lavoro e politiche sociali) del 15.01.2014, laddove all’articolo 9 viene stabilito che “gli accertamenti devono concludersi nei tempi strettamente necessari, pur tenendo conto della complessità dell’indagine ispettiva e delle dimensioni dell’azienda ispezionata, secondo i noti principi di immediatezza, proporzionalità e di buon andamento.”

Il principio della ragionevolezza dei tempi dell’accertamento ispettivo, come già evidenziato in precedenza, è stato fatto proprio anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale “in tema di sanzioni amministrative, i limiti temporali entro i quali, a pena di estinzione dell’obbligazione di pagamento, l’amministrazione procedente deve provvedere alla contestazione, sono collegati all’esito del procedimento di accertamento, la legittimità della cui durata va, di conseguenza, valutata dal giudice del merito in relazione al caso concreto e sulla base della complessità delle indagini…” (Cass., sentt. 11308/1998; 1866/2000; 2088/2000; 3254/2003).

Anche la giurisprudenza di merito (Trib. Lecce, sent. 5 giugno 2009, n. 1243) ha evidenziato che “vero è che l’amministrazione ha l’obbligo di notificare il verbale di accertamento entro il novantesimo giorno dalla definizione del procedimento. Ma è anche vero che, la stessa amministrazione non può procrastinare, secondo il proprio arbitrio, il predetto termine che comincia comunque a decorrere – a prescindere dalla formale chiusura del procedimento – con la redazione del verbale di contestazione dell’infrazione, quando l’amministrazione è in possesso di tutti gli elementi per l’individuazione sia degli estremi oggettivi e soggettivi dell’infrazione, che dell’autore responsabile della stessa.”

In conclusione si può affermare che il termine di cui all’articolo 14, essendo stabilito a tutela del diritto del privato ispezionato a non essere sottoposto ad accertamenti ispettivi sine die, non appartiene alla sfera di disponibilità e discrezionalità dell’organo accertatore, e che pertanto quest’ultimo deve fare in modo che le verifiche abbiano la minor durata possibile.

Ciò che va valutato al fine di orientarsi per l’attivazione di un contenzioso amministrativo prima e giudiziario poi, è appunto il fattore temporale unitamente ad altri fattori, come le difficoltà delle indagini legate alle dimensioni aziendali per numero di lavoratori, le tipologie di rapporto di lavoro instaurate, la durata di tali rapporti, l’eventuale presenza di lavoratori in nero, il momento della consegna della documentazione richiesta dagli organi accertatori, il numero di funzionari che hanno in carico l’ispezione ecc.

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