Nell’interpello n. 10 del 25 marzo 2014, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha risposto ad una istanza, avanzata dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro, avente ad oggetto la possibilità di utilizzare il contratto di lavoro intermittente per assumere personale addetto alle attività di call center.
Ai fini di interesse, è utile ricordare che, attualmente, nell’ordinamento giuridico italiano, il contratto a chiamata è ammesso per prestazioni discontinue:
- • rese da qualsiasi soggetto, in relazione ad attività e mansioni individuate dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, o, in mancanza di apposita disciplina contrattuale, per le attività e le mansioni di cui al R.D. n. 2657/1923;
- • in qualsiasi settore, rese da soggetti con almeno 55 anni di età, anche pensionati, o da soggetti di età inferiore a 24 anni (pertanto, l’età massima alla data di stipula del contratto è pari a 23 anni e 364 giorni) e fino al compimento del 25° anno (data in cui il contratto si risolve ope legis).
Ciò premesso, l’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha chiesto al Ministero se è possibile utilizzare la tipologia contrattuale del lavoro intermittente in relazione al personale addetto alle attività di call center in bound e/o out bound, operando un rinvio alle figure degli addetti ai centralini telefonici privati, contemplate al n. 12 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923.
A tale quesito, la Direzione generale per l’Attività Ispettiva risponde in modo negativo, affermando che le figure richiamate non sembrano equiparabili a quelle indicate al n. 12 della predetta tabella. Il Ministero precisa, infatti, che l’attività degli addetti ai centralini telefonici privati ha una suo specifica connotazione, in quanto consiste esclusivamente nello smistamento delle telefonate. L’attività dei lavoratori dei call center, invece, appare sicuramente una prestazione più articolata, in quanto si inserisce normalmente nell’ambito di un servizio o di una nuova attività promozionale di vendita da parte dell’impresa.
Il fatto che entrambe le tipologie di lavoratori utilizzino lo strumento telefonico non è, dunque, per il Ministero un elemento sufficiente per equiparare le categorie in questione. Pertanto, conclude la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, la possibilità di instaurare rapporti di lavoro intermittente per le attività di call center in bound e/o out bound, vi è solamente qualora il lavoratore sia in possesso dei requisiti anagrafici sopra descritti o qualora ciò sia previsto dalla contrattazione collettiva.