In un precedente intervento abbiamo illustrato come all’interno del modello di certificazione CU 2017, siano presenti istruzioni per l’indicazione dei rimborsi effettuati dal datore di lavoro di alcune spese di istruzione e assistenza, inerenti il welfare aziendale.
Tale indicazione trova il suo sbocco all’interno delle istruzioni del modello 730, in cui si legge:
“Non possono essere indicate le spese sostenute nel 2016 che nello stesso anno sono state rimborsate dal datore di lavoro in sostituzione delle retribuzioni premiali e indicate nella sezione “Rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione – art. 51 Tuir” (punti da 701 a 706) della Certificazione Unica.”
Sostanzialmente la finalità dell’Agenzia delle Entrate è quella di evitare che il dipendente possa godere dei benefici della detrazione/deduzione per oneri che ha avuto rimborsati dal datore di lavoro, ai sensi dell’art. 51 comma 2, lettere f-bis) e f-ter) del TUIR.
A un primo approccio la finalità dell’Agenzia delle Entrate può apparire logica, infatti viene seguito il ragionamento per cui essendo l’onere rimborsato dal datore di lavoro, lo stesso non è sostenuto dal dipendente, e pertanto quest’ultimo non ha diritto alla detrazione di imposta. Purtroppo l’equivalenza tra rimborso dell’onere ed esclusione dalla detrazione di imposta appare semplicistica, in quanto mette sullo stesso piano ogni tipo di rimborso. L’interpretazione dell’Agenzia è condivisibile quando ci troviamo davanti a rimborsi sostenuti volontariamente dal datore di lavoro, in quanto in questo caso effettivamente il dipendente non sostiene l’onere.
Quando, di contro, i rimborsi sono frutto di un contratto, come ad esempio nei contratti di produttività, la visione dell’Agenzia delle Entrate appare miope. Infatti, laddove il dipendente decida di sostituire il premio con un elemento del c.d welfare aziendale, come previsto dalla disciplina sulla detassazione, e la sostituzione avvenga ad esempio con un rimborso di un onere (come le spese scolastiche), non siamo di fronte a un vero e proprio rimborso, ma alla destinazione di una retribuzione spettante al dipendente che fa parte del reddito disponibile del lavoratore stesso, al pagamento delle spese scolastiche, ed è quindi lo stesso a sostenere l’onere con una parte della sua retribuzione.
Probabilmente l’Agenzia dovrà nel tempo rivedere la sua posizione, distinguendo tra oneri rimborsati volontariamente dal datore di lavoro, e quelli che invece il datore di lavoro rimborsa per effetto di un’obbligazione contrattuale. Come sostenuto in più occasioni da chi scrive, quando gli elementi di welfare entrano in un’obbligazione contrattuale, questi diventano sostanzialmente la controprestazione del datore di lavoro alla prestazione del dipendente, fattispecie che prendi il nome di retribuzione.