25 Aprile 2024

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Decreto Lavoro: le modifiche al contratto a tempo determinato

La legge 92/2012 trova, a meno di un anno dall’entrata in vigore, nuove modifiche. L’intervento da parte dell’Esecutivo è contenuto all’interno dell’art. 8 dal D.L. 76/2013, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 giugno 2013.

Contratto acausale

La prima modifica riguarda il comma 1 bis dell’art. 1 del Dlgs 368/2001. Come ricorderà il nostro lettore, questo comma era stato inserito proprio dalla Riforma Fornero, e introduceva il contratto a termine c.d. acausale, che permette di sottoscrivere contratti a tempo determinato senza bisogno di causale giustificatrice all’apposizione del termine.

Con questa modifica viene riscritto il comma 1-bis, che ora prevede due ipotesi in cui si possa sottoscrivere un contratto acasusale. La prima, prevista dalla lettera a) del comma novellato, che ricalca sostanzialmente quanto disposto in precedenza, che quindi tale contratto può essere sottoscritto in occasione del primo rapporto a termine tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per una durata massima di 12 mesi (anche in caso di prima missione nel contratto di somministrazione).

La lettera b) amplifica la possibilità di deroga dei contratti collettivi, prevista dal testo prima della modifica. Viene stabilito, infatti, che il requisito della causa non sia previsto in ogni altra ipotesi prevista dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalla organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. E’ avviso di chi scrive che questa formulazione apre un nuovo scenario, infatti a questo punto si potrebbe parlare di due tipi di contratto acausale:

  • il primo (lettera A) che deve avere come caratteristiche di essere il primo contratto a termine stipulato e con una durata massima di 12 mesi;
  • il secondo (lettera B), potrà essere sottoscritto alle condizioni previste dal contratto collettivo, e quindi potrebbe essere ipotizzabile una durata superiore ai 12 mesi, e non necessariamente si dovrà trattare del primo contratto sottoscritto a termine tra le parti.

Proroga del contratto acausale

Oltre questa novità molto rilevante, viene stabilità anche la cancellazione del comma 2 bis dell’art. 4 del DLgs 368/2001, che poneva il divieto di proroga del contratto acausale, aprendo quindi alla possibilità dell’applicazione dell’istituto della proroga anche in questo caso, nei limiti delle norme di riferimento. Quindi potrebbe essere ipotizzabile che in caso di sottoscrizione di un primo contratto a termine acausale, ai sensi della lettera a), di durata inferiore a 12 mesi, il contratto possa essere prorogato fino al limite massimo di 12 mesi, mentre per un contratto regolamentato dai contratti,ipotesi di cui alla lettera b), il limite massimo verrebbe fissato dal contratto collettivo.

Continuazione del contratto acasusale

Il legislatore con una piccola integrazione chiarisce in maniera definitiva che il contratto acausale potrà essere oggetto di continuazione, ai sensi dell’art. 5 del Dlgs 368/2001.

Continuazione del contratto

Come ricorderà il lettore l’istituto della continuazione è stato oggetto di importanti novità da parte della Legge Fornero. In primo luogo vi è stata un’amplificazione della durata della continuazione, che viene confermata, mentre viene cancellato l’obbligo di comunicazione di continuazione, tramite il sistema delle comunicazioni obbligatorie, che era stato introdotto proprio dalla Legge Fornero.

Successione di contratti a termine:

Probabilmente si tratta della modifica più attesa tra quelle che interessano il contratto a termine, in particolare sulle pause in caso di sottoscrizione di una pluralità di contratti a termine. In buona sostanza il legislatore da un lato riporta la situazione a prima della Riforma, quindi prevedendo che le pause tornino agli originali 10 e 20 giorni, invece che 60/90 previsti dalla Riforma.

La novità più interessante, invece, è quella legata alla non applicazione della pausa, infatti il nuovo comma 3 dell’art. 5 del Dlgs 368/2001, prevede che le pause non si applicano in due fattispecie:

  1. nel caso di lavoratori impegnati nelle attività stagionali di cui al comma 4-ter dello stesso art. 5, e quindi quelle definite dal DPR 1525/1963, nonché quelle individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.
  2. In relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalla organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Tale seconda ipotesi, quindi, apre a uno scenario in cui i contratti collettivi, di qualsiasi livello, potranno prevedere ipotesi in cui non sarà necessario il rispetto di alcuna pausa tra un contratto a termine e il successivo.

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